I NEURONI SPECCHIO

 

Nel campo delle neuroscienze si stanno facendo passi da gigante. L'ultima interessante scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori dell'Università di Parma coordinato dal Professor Rizzolatti e riguarda i cosiddetti neuroni specchio. Il gruppo stava conducendo un esperimento sul comportamento dei neuroni cerebrali della scimmia durante la prensione di di frammenti di cibo, si voleva misurare la risposta neuronale a movimenti specifici.  La scoperta, come spesso succede avvenne per caso. In un momento di pausa uno sperimentatore prese una banana da un cesto di frutta e i macchinari registrarono che i neuroni della scimmia deputati a quell'azione stavano scaricando. Subito si pensò ad un difetto della strumentazione, ma ripetendo la situazione si resero conto che non era così. Le macchine funzionavano perfettamente e si scoprì che in presenza di un movimento a noi conosciuto l'osservatore lo viveva esattamente come chi lo eseguiva.

Chi osserva l'azione è come se la stesse eseguendo di persona.

Inoltre, aspetto molto interessante, se lo sperimentatore raccoglieva il frutto per un'azione diversa da quella di mangiarlo, depositandolo per esempio in un'altra cesta, i neuroni non sparavano. I neuroni a specchio quindi si attivano essenzialmente in base all'intenzione che motiva il gesto.

Quante volte abbiamo sentito parlare di aneddoti riguardanti la capacità da parte di grandi maestri di intuire la direzione del colpo che l'avversario stava per sferrare?

O ancora quante volte abbiamo letto della pratica della visualizzazione capace di conferire al praticante le qualità o gli stati emotivi che egli è in grado di visualizzare dettagliatamente.

Forse l'adagio orientale "Conoscere gli altri è saggezza. Conoscere se stessi illuminazione" potrebbe davvero riferirsi al fatto che conoscendo minuziosamente ogni piccola reazione che avviene in noi possiamo scorgere ciò che sta avvenendo negli altri...

 

 

 

 

 

 

LA LIBERTA' DI FARE CIO CHE PREFERIAMO...

 

Praticando con costanza le arti marziali ci si meraviglia  scoprendosi più rilassati ed equilibrati. Ci si rende conto di essere più padroni di se stessi. Ciò che prima ci irritava viene accettato con maggior tranquillità e  ci si accorge di essere molto meno aggressivi, più orientati ad evitare le  dispute piccole e grandi che il quotidiano non manca di offrirci.

La consapevolezza del danno che  possiamo arrecare, ci porta ad evitare il più possibile. Questo ci conduce indubbiamente ad una maggior tranquillità.Una tranquillità che non ci spinge più a dover  dimostrare  agli altri il nostro valore.

Non e ‘ un caso aver scelto il termine  “dover”, normalmente infatti più che per la gravità dell’affronto ricevuto ci sentiamo in dovere di reagire per dimostrare a noi stessi quanto siamo uomini. E’ sorprendente constatare quanta libertà e serenità ci dona la possibilità di poter scegliere di non reagire,consci  delle nostre capacità. Non siamo più schiavi degli altri ma abbiamo conquistato un’autonomia che ci permette di scegliere se reagire, perché di fronte ad una minaccia seria,o evitare,trovandoci come di solito avviene , davanti a un diverbio per futili motivi. L’uomo nell’antichità era costretto a fronteggiare quotidianamente pericoli che mettevano a repentaglio la sua incolumità fisica.Per questa ragione gli istinti di sopravvivenza avevano una funzione di primaria importanza. Si trattava di fuggire o lottare. In ogni caso si dava sfogo allo stress  con un azione liberatoria. Un azione che consentiva di scaricare l’adrenalina accumulata. 

Oggigiorno invece pur rimanendo immutate queste caratteristiche nell’uomo, non si ha più la possibilità di scaricare le tensione generate dalle varie difficoltà che ci troviamo ad affrontare. La rabbia  e la paura che un tempo erano la spinta a fuggire o attaccare devono essere oggi contenute a causa del maggior autocontrollo che la vita moderna ci richiede.

E indubbiamente a forza di non agire queste emozioni negative si accumulano dentro di noi, causando spesso gravi disturbi.

A questo punto, come saggiamente fatto dai grandi maestri di Budo, la miglior cosa e utilizzare le arti marziali adattandole alle esigenze contingenti.

La disciplina,qualunque essa sia, diviene così un prezioso strumento per regolare le nostre emozioni negative.

La maggior consapevolezza delle nostre potenzialità induce un atteggiamento piu’ calmo, moderando la pulsione all’aggressività.

 

 

 

 

 

 

 

 

IL LATO OSCURO DELLA FORZA

 

 

Noi tutti, indifferentemente, siamo composti da un lato Yin e un lato Yang.

Socialmente parlando l’educazione e le buone regole di convivenza ci hanno fatto sviluppare la parte Yin. Intendo buone maniere, gentilezza, mansuetudine. Rispondere a uno sgarbo o una frase maleducata con il silenzio. Il nostro capo ci fa richieste pressanti o approfitta della sua posizione per fare battute sgradevoli, bene, l’etichetta ci insegna a non rispondere a chinare il capo e far finta di niente. Dopotutto lui è il capo.

Questo è esattamente ciò che vogliono fare di noi, agnellini docili, facili da domare Braccia e menti addomesticate per svolgere lavoro a basso costo che produce alti redditi a chi ci sfrutta.

La società è diventata apparentemente “sicura e civile” ma l’uomo è un predatore. Alcuni continuano a predare/sfruttare gli altri per dominare e arricchirsi e altri invece si fanno manipolare da un bastone e una carota.

La maggiorparte delle persone cade in questo tranello e passa la vita a pensare che un comportamento che si discosta dalla gentile formalità sociale rappresenta un’anomalia. Chi non si lascia condizionare e si ribella a queste regole di sfruttamento è considerato un carattere difficile.

Un comportamento del genere rappresenta un’anomalia per chi ci vuole manipolare ed è invece un tesoro per chi manipolato non vuole di certo finire.

I mezzi che vengono messi in campo per isolare gli scomodi passano attraverso la diffamazione, tutti gli agnellini del gregge devono ricevere un messaggio forte e chiaro: chi si ribella è un fuorilegge, un pazzo, un delinquente e voi otterrete il nostro appoggio e la nostra condivisione solo se non vi unirete a lui e rimarrete coesi con il gruppo.

La realtà è che la persona che ha il coraggio di affermare le proprie ragioni non è niente di tutto questo ma bensì un uomo che ha ritrovato la sua vera natura che ha capito le potenzialità di cui dispone e non ha nessuna intenzione di farsi soggiogare la mente.

E’ certo un viaggio faticoso, ma anche estremamente gratificante. Significa rimuovere tutti i blocchi che la nostra educazione sociale ha creato e scendere alla sostanza vera di cui siamo fatti. Una sostanza forte che ci consente di arrivare dove vogliamo liberi da costrizioni e da ricatti socio-economici di sorta.

Mi confronto con la logica dell’educazione e delle buone maniere quando cerco di far emettere ai miei allievi un “Kiai”. Un possente urlo che sale direttamente dalla pancia e accompagna l’azione marziale consentendo l’unione di mente e corpo ed esercitando un effetto di disorientamento sull’avversario.

Gli orientali dicono: “Si vince prima di combattere si vince quando si è turbato lo spirito dell’avversario”.

Napoleone capì subito che in una guerra 2/3 lo fa la psicologia e 1/3 le forze in campo. Per questo furono introdotte le armi da fuoco che, sebbene all’inizio fossero meno precise degli archi, sostituivano un doin doink prodotto da questi ultimi a fragorosi botti che incutevano timore.

Quando invito i miei allievi ad accompagnare l’azione con l’urlo molti di loro non riescono. Si bloccano, dicono di vergognarsi. Una sorta di pudore li porta ad ignorare certi aspetti dell'animo umano. La realtà è che hanno paura di prendere contatto con il loro lato oscuro, la loro utile parte Yang. Con quella parte dell’essere umano che ha permesso di affrontare guerre, aggressioni, carestie e disagi di ogni tipo e consentire a noi di essere il prodotto di una specie che ha saputo traghettarsi nel futuro.

Ognuno possiede un lato oscuro, che serve, torna utile ad affrontare gli ostacoli che la vita ci pone di fronte e serve a scoprire le nostre vere risorse, l’enorme potere che abbiamo.

Se non vogliamo essere fedeli cagnolini che si accontentano di una ciotola di cibo, ma se siamo disposti all’inizio a fare qualche pasto in meno, forse prima o poi saremo in grado di mangiar abbondantemente tutti i giorni e di scegliere anche ciò che ci piace di più.

 

Da cagnolini a lupi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA REALTA' DELL'ISTANTE PRESENTE

 

 

La sofferenza dell'essere umano si nutre solitamente di tre cause principali:

 

- L'aspettativa
-
La paura
-
I sensi di colpa

 

- Le aspettative sono i riconoscimenti e le gratificazioni che pensiamo di meritare e che magari veramente ci spetterebbero. Spesso però confidiamo in cose che non si avverano e allora ci sentiamo profondamente infelici. Pensiamo che una persona ci sia amica e poi scopriamo che non è così. Lavoriamo sodo per ottenere un obiettivo e poi non lo otteniamo. Tutto questo provoca frustrazione, un senso di delusione capace di toglierci molta energia. La prima cosa da fare è eliminare l'aspettativa, confinarla al di fuori della nostra vita, costringersi a non idealizzare eccessivamente, evitando così che il raffronto tra la realtà e ciò che attendevamo risulti troppo duro da sopportare. La seconda cosa da mettere in atto è la volontà di perseverare mantenendo i piedi ben saldi a terra e tenendosi lontani dalle fantasie eccessivamente ottimistiche.

 

Non la forza, ma la costanza di un alto sentimento fa gli uomini superiori. (Friedrich Nietzsche)

 

E' la volontà che fa l'uomo grande o piccolo. (Friedrich von Schiller)

 

Dove c'è una grande volontà non possono esserci grandi difficoltà. (Niccolò Machiavelli)

 

Non so se vi è mai capitato di essere profondamente offesi in valori in cui credevate in maniera autentica e intensa. Valori a cui vi eravate dedicati anima e corpo, impegnando in essi ogni goccia del vostro sudore, ogni battito del vostro cuore. In cui ad ogni vento di respiro avevate orientato il vostro credo, superando difficoltà e ostacoli per poter rinnovare il tepore che quell'ideale spalmava dolcemente sul vostro essere. Tesi, ma anche rilassati da quell'orientamento morale che vi faceva sentire più contenti, più felici di vincere il sonno di mattine iniziate troppo presto o di serate terminate troppo tardi.
Il sapore di quella cocente delusione è quasi insopportabile, perché rimette in discussione

tutto il vostro essere, nega ciò a cui avete dato significato, rilevanza. Lo dileggia, vi fa

sentire ridicoli, raggirati, traditi. C'è un momento in cui la rabbia spinge, prepotente, come un

fiume in piena contro gli argini. Il legno della vostra sopportazione scricchiola sotto la spinta

impietosa di quello sdegno furioso. Siete sul punto di cedere, di abbandonarvi allo sconforto,

all'amara inconsolabile consolazione.

Bene. Se riuscite a controllare i vostri nervi, a placare l'ira con il controllo e

l'autodisciplina. Se riuscite a chiamarvi fuori e a osservarvi dall'esterno, rassegnandovi

ad essere tasselli di un piccolo mosaico, ecco, in questo modo capirete che ciò in cui

credete non è distrutto, ma rivive con maggiore forza e reclama con vigore

impensabile il posto che gli avevate dato nel vostro cuore.

Il muro contro il quale avete sbattuto violentemente è solo un ostacolo da superare per cementare ancora di più la vostra volontà e se avrete la forza di valicarlo, i valori in cui credete si rinsalderanno energicamente, fino a consentire la realizzazione di ciò in cui confidate fermamente.

La volontà è la capacità di usare tutti i mezzi necessari per realizzare ciò in cui crediamo, perseverando nonostante gli ostacoli e le difficoltà.

La volontà è il nostro potere, la nostra libertà. La volontà libera da eccessive aspettative è la chiave vincente della vita.

 

-Il secondo sentimento che condiziona fortemente la nostra vita è la paura. Non intesa come attivazione eccezionale di risorse energetiche dovute alla presenza di un rischio per la nostra incolumità. La paura che si intende in questo caso è la preoccupazione. Passiamo l'intera vita a preoccuparci di cose che non accadranno. E' la nostra mente che fa delle proiezioni su possibili situazioni angosciose e ci fa stare lì a macerare, a crogiolarci nell'apprensione. Spesso addirittura la preoccupazione viene utilizzata come una specie di amuleto. Crediamo cioè di riuscire a tenere lontana una minaccia preoccupandocene. L'apprensione dovrebbe essere sostituita invece da una vigile rilassatezza. Da uno stato rilassato di prontezza ad affrontare le difficoltà, senza però dar briglia sciolta ad un funesto vaticinare. Inoltre è curioso notare che, spesso, se siamo concentrati sulla paura di una determinata situazione non ci accorgiamo dell'approssimarsi di altre situazioni magari ben più gravi. La nostra mente deve essere sempre libera, aperta, perché se noi creiamo dei filtri di giudizio, quei canali artificiali escluderanno un'attenzione più generale e salutare su tutto ciò che accade intorno a noi.
Un giorno andai al supermercato per compare un prodotto che mi serviva. Io ero sicuro che questo articolo fosse contenuto in una confezione arancione. Bene, girai per più di un'ora nel reparto senza venire a capo di nulla. Sembrava impossibile, ma non esisteva. Alla fine mi arresi e chiesi ad un inserviente dove potessi trovare ciò che stavo disperatamente cercando. Il commesso lo trovò subito, era a pochi passi da me, ci ero passato davanti non meno di una ventina di volte. Ma perché non l'avevo visto? Perché la confezione era blu e non arancione. Non lo vedevo semplicemente perché nella mia mente era di un certo colore, un colore di cui la confezione non era composta. Questo semplice caso fa capire quanto la mente influenzi con i suoi modelli "preconfezionati" la nostra obiettività. Altresì fa capire quanto sia importante essere immersi nel momento presente e non nelle nostre immaginarie proiezioni.

 

-Il senso di colpa è il terzo nemico. Di cosa si tratta esattamente? Di una mancanza che crediamo di aver commesso perché qualcuno ci ha insegnato che ciò che abbiamo fatto non è conforme a un modello ideale di comportamento. E siamo sicuri che quel qualcuno, che è la società, la scuola o addirittura la cerchia di nostri conoscenti, non ce l'abbia inculcato facendo il gioco di chi ci vuole manipolare? Cosa c'è di più semplice che manovrare un uomo infelice, che pensa di aver fatto un torto? Assolutamente nulla! Quell'uomo sarà disposto a rigare dritto per compensare ciò che crede sia stato un suo atteggiamento sbagliato. Lessi una volta in un libro che esistono solo tre cose di cui pentirsi: di abusare sessualmente di un essere umano, (cioè di costringerlo contro la sua volontà o di indurlo approfittando della sua ingenuità), di uccidere e di danneggiare il prossimo di proposito e cioè con intenzione di farlo. Ma se non appartenete a quel cinque per cento di sociopatici criminali, nessuno di voi aspira a commettere atti di questo tipo. Per cui perché dovremmo sentirci in colpa?

Cos'hanno l'aspettativa, la paura e il senso di colpa in comune? La necessità di sentirsi adeguati alle richieste culturali di una determinata tribù sociale. L'aspettativa coltiva il sogno dell'approvazione altrui, la paura coltiva il timore di non essere adeguati alle situazioni che il quotidiano ci propone. Il senso di colpa, la paura di aver commesso qualcosa che gli altri non approverebbero. In sostanza tutto nasce dal desiderio di essere accettati e ammirati dalla società che ci circonda. Questo in sé non avrebbe nulla di male se la società e lo Stato fossero basati su presupposti di indiscutibile lealtà e probità. Non mi risulta essere così.
Uno degli strumenti più efficaci per combattere questi tre demoni dispettosi che tormentano le nostre coscienze è la consapevolezza del momento presente, il vivere nel qui e ora gustando ogni momento e tenendo lontana la scimmia agitata della nostra mente. Vivere cioè in modo naturale senza confezionare di continuo dolorosi incagli mentali.

 

L'arte marziale con il suo imprescindibile carattere educativo è capace attraverso tutti gli aspetti formativi che la compongono, di guidarci verso questa preziosa, inestimabile autonomia. Chi riesce a vivere l'attimo presente esperisce la piena realizzazione ed è realmente nel proprio sé, quindi completamente presente.
Si tratta di momenti in cui siete perfettamente centrati, padroni di voi stessi. Durante un combattimento nel dojo o durante l'esecuzione della forma o katà il praticante non può essere altrove ma deve essere esclusivamente su cosa sta facendo se vuole riuscire; il fuoco dell'attenzione deve riscaldare ogni suo movimento. Non può pensare domani mi devo vedere con il commercialista, tra cinque giorni devo consegnare il lavoro oppure stasera alle otto devo uscire con la mia ragazza e non so come vestirmi. Non può pensare al futuro e quindi non può preoccuparsi. Non può permetterselo, pena sbagliare l'esecuzione di movimenti o venire atterrato da un pugno. Allo stesso modo non può permettersi di pensare a ciò che è stato, dell'essere dispiaciuto perché non ha fatto quella cosa per sua madre o non ha potuto fare un favore al suo migliore amico, non può tornare nel passato e quindi non può avere sensi di colpa. Men che meno può permettersi di avere paura perché è calato nell'azione e se vuole vincere o eseguire alla perfezione un movimento deve accettare gli accadimenti e conformarsi ad essi. In ultima analisi questa modalità di addestramento costringe il praticante ad essere presente nel Qui e Ora nell'Hic et Nunc. Nessuna possibilità di derogare a questo principio se vuole conseguire il risultato. Questo insegnamento passa dal dojo alla vita. Conta solo il momento presente, sul passato non possiamo più agire, il futuro deve ancora arrivare. L'unico strumento a nostra disposizione è l'attimo presente. Posso tutto solo ed esclusivamente se vivo nel tempo attuale.

 

Nietzsche in "Considerazione inattuali" enuclea in maniera chiara questo concetto:
Osserva il gregge che pascola davanti a te: non sa che cosa sia ieri, che cosa sia oggi: salta intorno, mangia, digerisce, salta di nuovo. È così dal mattino alla sera e giorno dopo giorno, legato brevemente con il suo piacere ed il suo dispiacere, attaccato cioè al piolo dell'attimo e perciò né triste né annoiato... L'uomo chiese una volta all'animale: "Perché mi guardi soltanto senza parlarmi della felicità?" L'animale voleva rispondere e dice: "Ciò avviene perché dimentico subito quello che volevo dire" - ma dimenticò subito anche questa risposta e tacque: così l'uomo se ne meravigliò. Ma egli si meravigliò anche di se stesso, di non poter imparare a dimenticare e di essere sempre accanto al passato: per quanto lontano egli vada e per quanto velocemente, la catena lo accompagna. È un prodigio: l'attimo, in un lampo è presente, in un lampo è passato, prima un niente, dopo un niente, ma tuttavia torna come fantasma e turba la pace di un istante successivo. Continuamente si stacca un foglio dal rotolo del tempo, cade, vola via - e improvvisamente rivola indietro, in grembo all'uomo. Allora l'uomo dice "Mi ricordo".


Utilizza un fantasioso colloquio tra uomo e animale per far capire l'importanza di vivere nell'attimo attuale, di abbandonare il passato o la proiezione nel futuro.